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La strega Matteuccia: la storia del caso che infiammò la città di Todi

La strega Matteuccia è uno dei pochi casi di processo per stregoneria che si tenne nel basso Medioevo in Umbria. Nell’immaginario collettivo quando si pensa alle streghe e alla caccia cui vennero sottoposte nella parte più oscura del Medioevo, generalmente associamo a queste figure affascinanti e malefiche a luoghi del nord Europa, piuttosto che alla città di Benevento o al famigerato processo alle streghe di Salem di fine Seicento.

Sembra impossibile e invece proprio nel cuore dell’Umbria, precisamente a Todi, si tenne alla fine del Medioevo, uno dei processi più importanti e rappresentativi di tutta la caccia alle streghe, sicuramente non il primo ma di certo l’unico di cui ancora oggi si conservano, presso l’archivio storico della città,  le carte dell’intero processo perfettamente integre.

Il processo alla strega Matteuccia Francisci di Ripabianca tenuto nel 1428

L’immagine di queste donne che con riti, pozioni, rituali, sabba e ogni possibile nefandezza, univano con devozione la propria vita e la propria anima a Lucifero, quindi esseri spregevoli da ripudiare stanare e combattere con ogni mezzo, non nacque ovviamente in poco tempo, ma con un lungo e inesorabile processo nel quale la lenta sostituzione e sovrapposizione della cristianità alle vecchie usanze legate a religioni pagane sia di stampo mediterraneo, ma anche celtico e germanico, portò inesorabilmente a questa accezione negativa verso queste figure che mantenevano in vita riti ancora ben presenti e conosciuti in tutta la società del tempo.

La persecuzione prese forma delineata e sistematica nel XV secolo, anche e soprattutto grazie all’accanimento di un illustre personaggio della Chiesa, un frate minore di grande fama, Bernardino da Siena, che con la sua capacità di arringare il popolo e condizionarne il pensiero da fine oratore quale era, contribuì fortemente a questo cambio di punto di vista su queste figure, femminili ma anche maschili. A lui si attribuisce la paternità stessa del termine strega, che derivò dal termine latino  strix, ed è singolare notare come dopo i suoi pellegrinaggi oratori nel centro Italia, iniziarono ad esserci i primi processi alle malcapitate di turno.

E proprio anche su Matteuccia, in occasione del suo passaggio in Umbria nel 1426, cadde l’attenzione di questo zelante uomo di fede.

“Noi Lorenzo capitano suddetto sedendo in tribunale al nostro solito banco di giudici in materia di malefici, collocato là e sistemato dove si è soliti dare e pronunciare simili condanne corporali e sentenze di condanne corporali, esponiamo la suddetta condanna corporale contro la citata Matteuccia di Francesco per i suddetti reati di maleficio, eccessi e delitti da lei compiuti […] accusata pubblicamente e reputata dal popolo come donna di cattiva condotta e di cattiva reputazione, pubblica incantatrice, fattucchiera, strega e maliarda…”.

Le carte del processo custodite nell’archivio storico della città

Dalle carte del processo, tenuto da un tribunale laico e dai rappresentanti ufficiali della città, si evince che era dedita a pratiche e discipline legate appunto a culti e usanze probabilmente ben più antichi del cristianesimo stesso, ne ricaviamo la figura di una cosiddetta ‘Domina Herbarium’, ovvero una esperta conoscitrice di erbe e ricavati dalle stesse, di pozioni, unguenti, infusi e formule magiche e rituali con cui poter non solo curare mali corporali, ma anche mali spirituali e d’amore, togliere malefici o farne se richiesti.

“Inoltre non contenta delle cose già dette ma aggiungendo male a male, eccitata da spirito diabolico, istruì molti presi damore per donne che andavano da lei e offrì loro un rimedio, dando loro la pervinca incantata con i suoi incantesimi perché la dessero da mangiare alle loro amanti e inoltre prendessero lacqua con cui si erano lavati le mani e il volto e la dessero loro da bere se volevano ottenere il consenso delle donne e rivolgere il loro amore verso sé stessi; ciò fece da quattro anni fino ad oggi.”

Grazie a queste sue capacità godeva presumibilmente di gran fama e a lei si rivolgevano popolani e persone di estrazione sociale povera, ma anche personalità più note e di spicco di tutti i territori limitrofi anche non vicini: Todi, di cui Ripabianca era parte, Mercatello Panicale Deruta Perugia, ma anche Assisi Spoleto Montefalco e Orvieto. Della sua notorietà e vita sociale non abbiamo purtroppo documentazione storica, certo è che il processo stesso, nella sua prima parte, ci aiuta a delinearne un profilo ben dettagliato, tanto da non sembrare quasi un vero atto d’accusa. Nella seconda parte invece, evidente è il cambio di registro e la descrizione dei rituali sempre più sanguinari che spostano definitivamente Matteuccia nel suo ruolo di terribile strega: alle pozioni e rituali curativi e d’amore, si sostituiscono viaggi notturni a caccia di bambini di cui succhiare il sangue, trasformazioni magiche e atti criminali ordinati da Lucifero in persona.

“Inoltre in quel fatto, riguardo quel fatto, circa quel fatto, non contenta delle cose già dette, ma aggiungendo male a male, eccitata da spirito diabolico, molte volte andò a fare incantesimi distruggendo bambini, succhiando il sangue degli stessi lattanti in molti e diversi luoghi e tempi e inoltre andò con altre streghe al noce di Benevento e ad altri noci ungendosi con un certo unguento composto da grasso di avvoltoio, sangue di nottola e sangue di fanciulli lattanti e altre cose, dicendo:

Unguento, unguento

mandame a la noce de Benivento

supra acqua et supra ad vento

et supra ad omne maltempo.”

In questa parte del processo troviamo alcuni di quei topos tipici dell’idea che da quel momento in poi sarebbero stati i tratti caratteristici di streghe e negromanti e che ancora oggi, nonostante tutto, perdura nella nostra cultura.

Impossibile non notare che la figura di Bernardino da Siena viene più volte citata, segno evidente di quanto questi abbia condizionato indirettamente o forse direttamente il processo stesso, proprio come avvenne poco tempo prima a Roma per il processo alla strega Finnicella al cui cospetto la malcapitata venne condotta e giudicata colpevole.

Le due, Finnicella e Matteuccia, si contendono il triste primato di essere state probabilmente le prime streghe ad essere bruciate sul rogo della storia.

La condanna a morte sul rogo in piazza del Montarone

Di certo, dal processo di Matteuccia in avanti, la caccia a donne e uomini che come lei erano legati a culti precristiani, pagani, al culto delle piante sacre e di rituali che affondavano le proprie radici nella notte dei tempi, ebbe una escalation spaventosa che per secoli, ben oltre il Medioevo, avrebbe visto atti di spietata crudeltà su migliaia di queste persone. Donne e uomini che spesso in realtà non avevano alcuna conoscenza, come magari Matteuccia stessa, di quelle tecniche di utilizzo di piante e radici, unguenti ed estratti, miscugli e pozioni, ma che semplicemente erano invise agli occhi dei vicini o dei concittadini, magari persone eccentriche mal viste o persone deboli e sole oggetto delle invidie e cattiverie di chi avevano vicino. Spesso bambinaie e levatrici che, in un’epoca di elevatissima mortalità di neonati, erano il perfetto capro espiatorio. A volte, anche personaggi da eliminare per motivi sociali o politici, come presumibilmente fu per Matteuccia, che pagò forse a caro prezzo la sua vicinanza al condottiero Braccio da Montone, nemico acerrimo della Chiesa e di Papa Martino V.

Il 20 Marzo del 1428, Matteuccia Francisci, secondo la tradizione, venne condotta nella  piazza del Montarone, antistante alla piazza principale della città di Todi e qui venne eseguita la sua condanna a morte sul rogo.

Sono passati molti secoli ma il suo nome e la sua leggenda corrono ancora vivi per le vie e le mura medioevali della città umbra e, recandomi in visita al meraviglioso Convento di Montesanto, non ho potuto non pensare a lei osservando il secolare tiglio posto davanti all’ingresso che, si dice, venne piantato proprio in occasione del passaggio a Todi di Bernardino da Siena e che da secoli osserva immobile e protettivo Todi ed i suoi abitanti.

Il maestoso tiglio all’ingresso del convento di Montesanto

Mi piace pensare che Matteuccia la strega, prima di abbandonare del tutto le sue spoglie carnali per mano di uomini crudeli e spietati, abbia inviato, beffarda, un suo ultimo e dolce incantesimo di lunga vita a quel giovane arbusto che ancora oggi trasmette un senso di pace e armonia assoluti, come solo una enorme pianta millenaria e magica è in grado di fare.

Le parti del processo sono tradotte dal testo originale latino.

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