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Il giornalista con i panni da ceraiolo, la Festa dei Ceri di Marinelli Andreoli

A Gubbio esiste il 15 maggio e poi il resto dell’anno. La città vive, si muove e si trasforma per la Festa dei Ceri, una perla bellissima che offre in visione al mondo intero pur custodendola con gelosia. Si svestono i panni della quotidianità per indossare quelli di ceraiolo e sostenere il Santo che spesso ti è dato in eredità come investitura familiare. E’ un Carnevale, dove tutto vale, ma dal forte valore religioso oltre che simbolico. Non importa che tu sia il direttore della televisione di Gubbio. Il 15 maggio esisti solo per la Festa dei Ceri e per il tuo Cero, quello di Sant’Antonio. Lo sa bene Giacomo Marinelli Andreoli, oggi direttore di UmbriaTv, che scherza: “Anche quando stavo a Trg lavoravo fino al 14 maggio pomeriggio, il 15 era tutto organizzato e per fortuna avevo una grande redazione”.

Come si può spiegare cosa succede a Gubbio il 15 maggio di ogni anno?

“E’ un giorno diverso da tutti gli altri. E’ fuori dall’ordinario per l’atmosfera di partecipazione, per il coinvolgimento, per la corsa. Tutto si annulla. Non esiste la quotidianità. Non esistono avvocati o dottori ma ceraioli che vivono in funzione del patrono”.

Quante Feste dei Ceri ha vissuto?

“Coscientemente almeno 45. Qualsiasi cosa sia accaduta nella mia vita, il 15 maggio sono stato a Gubbio. Tutto il resto scompare. Considera che anche se sono juventino, la Juventus che ha perso lo scudetto sotto il diluvio di Perugia il 14 maggio del 2000 non mi ha fatto né caldo né freddo perché il giorno dopo c’erano i Ceri. Quasi che non me ne ero accorto”.

Quali sono i suoi ricordi più belli?

“Ne ho tantissimi. Ho sempre vissuto la Festa attivamente prendendo il Cero per 40 anni. Anche l’anno scorso ho fatto una delle birate della mattina. L’ho preso anche insieme a mio padre facendo da braccere e ora corre mio figlio Giovanni. Ho avuto il piacere di prendere il Cero davanti a casa mia e non dimenticherò mai quel giorno al Monte sotto il diluvio. Il tempo non può fermare i Ceri, solo il Covid c’è riuscito”.

Perché a Gubbio amate così tanto i Ceri?

“Per chi nasce a Gubbio i Ceri sono un pezzo di vita. I bambini prima ancora di giocare a pallone prendono un manico della scopa e corrono. E’ un gesto naturale crescendo in una famiglia ceraiola. C’è anche chi poi quando muore, si fa mettere nella bara con la divisa ceraiola. Sentiamo un grande legame con il patrono Sant’Ubaldo, morto il 1160. Il giorno dopo hanno iniziato a fare le processioni con i ceri e nei secoli è diventata una corsa. Ancora oggi il legame è molto stretto. Ci sono tanti atei che una raccomandazione se la vanno a far fare anche se non credono”.

Ma è davvero così unica?

“Sì. Innanzitutto in un mondo in cui tutti sgomitano per arrivare primi, la Festa dei Ceri insegna che puoi anche arrivare secondo o terzo ma devi fare il tuo e farlo al meglio. E’ una metafora della vita anche per la forza di reagire agli insuccessi. Quando si cade, ci si alza e ci si rimette in piedi. Devi aspettare un anno prima di recuperare ma hai sempre occasione di farlo. Molto bello anche che gli individualismi non sono ammessi perché il Cero si prende in gruppo. Sono mute di 8 persone, nelle quali ognuno ha bisogno dell’altro con grande senso di solidarietà.

Infine è una tradizione. Si parte con il prendere il Cero Piccolo e si arriva a vedere i propri figli portare il Cero grande con l’orgoglio di avergli trasmesso questa passione. E’ come a Pamplona, dove ti dicono che non sanno perché sono in strada a scappare dal toro. Papà loro lo faceva e lo fanno quindi anche loro”

Ma allora perché l’Unesco non ha conferito il suo riconoscimento?

“In passato sono stati fatti degli errori ma non ho ben capito cosa non ha funzionato. E’ stata un’opportunità e la Festa se la meritava anche da sola senza far parte della Rete della grandi macchine a spalla. Basti pensare che nel 1917 i soldati di Gubbio si fermarono dalla guerra per fare la Festa dei Ceri. Il motivo di forte identità che ha spinto la regione Umbria a scegliere i Ceri come simbolo dovrebbe bastare da solo. Ma la Festa sta bene anche senza un’etichetta Unesco“.

Come può una “non gara” coinvolgere i non eugubini?

“L’aspetto non competitivo è una particolare apparente incomprensibilità. Per questo è importante venire con un eugubino la prima volta. Se tu ti metti lungo il corso o la calata però non resti indifferente sentendo il boato. Ti avvolge, o ti dà fastidio o ne resti incantato. Spesso è la seconda. C’è poi la grande aria di convivialità. Ogni portone di casa è aperto e c’è qualcuno che ti fa un inchino e ti offre qualcosa. Da fuori tanti vengono con il fazzoletto rosso per sentirsi parte dell’evento. So, per esempio, che il presidente di Umbria Jazz Gianluca Laurenzi è venuto una volta e ne è rimasto folgorato”

Ma ogni anno è la stessa cosa?

“Io sfido chiunque a venire a Gubbio tre anni di fila e dire che ha vissuto le stesse cose. E’ ogni volta un’emozione diversa nonostante il percorso, l’ordine di arrivo e i rituali siano quelli. Il giorno dei Ceri Gubbio non porta neanche l’orologio. Ci sono dei momenti che quando avvengono sai che ora è”.

Come si sceglie il proprio santo?

“In origine Sant’Ubaldo era il protettore dei muratori, San Giorgio dei commercianti e Sant’Antonio degli asinari. Oggi è soprattutto legato all’appartenenza della famiglia, il ragazzo è del Cero del padre. E’ molto importante infatti il legame familiare insito nella Festa che ricorda chi ci ha preceduto. Si comincia alle 6,30 andando al cimitero. Il Cero è infatti un grande collante sociale e per un giorno fa dialogare tra loro nonni e nipoti. Importante sottolineare anche che quando scegli un Cero non lo cambi per tutta la vita. Nel mondo si dice che la fede sportiva è l’unica cosa che non avrà per sempre, a Gubbio anche il Cero“.

Le donne che ruolo hanno?

“Meriterebbero un grande capitolo a parte. Sono tantissime le ceraiole che hanno anche più passione degli uomini. E può capitare che il bambino segua la scelta della madre. Le donne però non hanno lo sfogo della spallata durante la corsa. Può capitare che invece durante la mostra vadano sotto al cero”.

Da giornalista come ha seguito la Festa dei Ceri?

“Lavoravo fino al 14 maggio, il 15 era tutto già organizzato e io tornavo a essere un ceraiolo. Mi vanto di aver ideato una trasmissione che si chiama L’attesa e va in onda dal 2002. E’ ormai diventato un appuntamento immancabile per la comunità mescolando passato e presente. Ho scelto di raccontare la Festa attraverso la voce delle persone e ognuno mi raccontato aneddoti diversi e trasmesso qualcosa di unico. Quando ero direttore di Trg si lavorava a partire da aprile e si faceva un lavoro mastodontico.

L’emittente ha iniziato la diretta della giornata da metà degli anni ’80 e trasferire il segnale in una città come Gubbio era un’impresa. Oggi, che conduce Cinzia Tini, la tecnologia ha fatto grandi passi avanti e ci saranno tanti Live U in giro per la città. E’ una diretta infinita con le persone che si alternano alla conduzione nei vari momenti e tutti vanno raccontati e spiegati”.

Ce li riassume questi momenti?

“Alle 5 i Tamburini girano per la città svegliando i Capitani e i Capodieci, alle 6 il Campanone sveglia la città con la prima Sonata del giorno. Alle 7 si va al cimitero per onorare il ricordo dei ceraioli defunti. Alle 9,30 avviene il bussolo, l’estrazione dei nomi dei Capitani che guideranno la Festa tra due anni. Poi ci sono la sfilata con la banda e l‘investitura in Piazza Grande. Alle 11,30 il sindaco consegna le chiavi della città al Primo Capitano.

L’Alzata è uno dei momenti più spettacolari. I Ceri vengono innalzati, fanno tre girate ed escono. Da là con la Mostra ognuno ha il suo percorso per onorare anziani, defunti e luoghi simboli. E’ un momento in cui praticamente tutti possono avere l’onore di tenere il Cero. Nel pomeriggio la Processione e la Corsa vera e propria che ha 4 soste. Durante si è molto agguerriti, alla fine si ritrova la pace nel nome del patrono. I Capitani possono essere solo loro che sono iscritti all’ordine dei muratori e guidano la festa. Il Capodieci organizza la propri compagine del Cero”.

Diamo alcuni consigli per vivere al meglio la giornata?

“Indossate scarpe comode perché è bello viverla strada. Lasciatevi trasportare dagli eugubini sia fisicamente che goliardicamente. Chi si fa coinvolgere fa cose che in altri giorni non farebbe. E poi si accetta tutto. Non bisogna fare caso a spintoni o altro”.

Come la vivrà?

“Ho alle spalle 52 feste dei Ceri e sarà diverso da tutte le altre. Ogni volta la vedo in punti diversi e la sera arriva che neanche fai in tempo ad accorgerti. Durante il giorno sosterò anche nelle taverne e troverò tanti amici”.

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